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Perché la Democrazia? PDF Stampa E-mail
Scritto da E.Casella   
giovedì, 25 febbraio 2016 17:53
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Il prof. Stefano Petrucciani
“L’opzione democratica non è affatto un’opzione naturale o ovvia; al contrario, potrebbe essere vista (ragionando, ad esempio, con Platone) come un’opzione assai poco convincente, perché mette il potere di governo, o quantomeno la scelta dei governanti, nelle mani di incompetenti. Perché mai dovrebbe essere la migliore opzione politica possibile?” (Stefano Petrucciani, Democrazia, Einaudi, 2014)

Le scelte sono la determinazione della vita di un uomo: è attraverso delle scelte che una certa vita prende una direzione piuttosto che un’altra e, a differenza di ciò che pensano molti, non esistono scelte ovvie, né tantomeno scelte universali; nulla si sceglie universalmente, poiché non esiste un qualcosa che possa esser scelto da tutti.

                Esistono moltissimi tipi di scelte e, tra le più importanti, vi è la scelta politica: scegliere una realtà politica piuttosto che un’altra ed è a questo punto, come in qualunque altro tipo di scelta – se è vero che nulla può essere scelto universalmente – che sorge un problema fondamentale dal punto di vista antropologico, il problema della scelta. Perché dovremmo scegliere una realtà politica x e non una realtà politica y? Sicuramente perché riteniamo che la realtà politica x sia migliore della realtà politica y, ma secondo quale criterio?

                La società occidentale contemporanea ha un’impostazione essenzialmente democratica, molto più di quanto non l’avesse in tempi più remoti. Alcuni degli Stati moderni si fondano proprio sull’ideale stesso della democrazia. È chiaro come, in una società di questo tipo, sarebbero in molti ad affermare come la democrazia sia la migliore opzione politica possibile. Anche molti filosofi furono strenui difensori della società democratica, come ad esempio Karl Popper, John Dewey, Hannah Arendt e così via.

                A questo punto, la domanda che ci si deve porre è, appunto, qual è il miglior sistema politico possibile?

                La classificazione dei sistemi di governo operata dai filosofi antichi (Platone e Aristotele) è stabilità a seconda che il potere sia:

                a) accentrato nelle mani di un singolo individuo (monarchia);

                b) distribuito nelle mani di pochi (aristocrazia);

                c) esteso a molti (democrazia).

                Questi sistemi politici sono considerati “giusti” da Platone e Aristotele (con una differenza: Aristotele considerava la democrazia come una forma degenerata della corrispondente politìa). Vi sono, però, tre forme di governo cosiddette “degenerate”, le quali sono, appunto, la “degenerazione” delle forme di governo giuste a seconda che chi detiene il potere non lo eserciti con saggezza: abbiamo dunque la tirannide, che è la degenerazione della monarchia, l’oligarchia, degenerazione dell’aristocrazia, e la demagogia (Platone) o democrazia (Aristotele), che sono le degenerazioni, rispettivamente, della democrazia (Platone) e della politìa, (Aristotele).

                Che cos’è che causa la degenerazione di un sistema politico? Che cos’è, anzi, che permette a ciascun sistema politico, tra quelli elencati, di esistere? Aristotele indica questa variabile con il termine φρόνησις, che in greco significa “saggezza”. Con il termine φρόνησις, nella filosofia antica, si indicava quella forma di conoscenza capace di indirizzare nella scelta. Con Platone essa diviene “il più valido ausilio nell’agire pratico e nella scelta del bene”1. La φρόνησις diviene così una forma di “saggezza politica”, che è poi quella variabile che determina l’esistenza di un sistema politico piuttosto che un altro.

                Per Platone e Aristotele, il sistema di governo democratico – che a noi oggi potrebbe sembrare l’opzione politica più ovvia – era estremamente dannoso. Soprattutto per Platone, come ricorda anche Stefano Petrucciani, essa “mette il potere di governo [...] nelle mani di incompetenti”. Ragionando in questi termini, l’interrogativo posto da Petrucciani (“perché mai dovrebbe essere la migliore opzione politica possibile?”) appare del tutto giustificata. Ebbene, perché la democrazia dovrebbe essere effettivamente il miglior sistema politico possibile? Semplicemente perché il sistema democratico è il solo in grado di garantire equilibrio e stabilità, in quanto esso prevede alle sue radici un concetto che è alla base della stessa concezione moderna della politica, ovvero il concetto della separazione dei poteri. Più il potere di governo è accentrati, con una conseguente riduzione del numero di individui che lo detengono, tanto più precario sarà l’equilibro socio-politico che verrà a instaurarsi. È ovvio come solo attraverso un sistema democratico possa essere garantita la più equa ripartizione del potere politico, in quanto, nella democrazia ideale, che poi può essere visto come una via di mezzo tra democrazia e aristocrazia (una sorta di “democrazia aristocratica”), il potere di governo è affidato a una maggior numero di individui eletti direttamente dal popolo. Questi individui, i governanti, nella democrazia perfette, possono essere considerati i “migliori”, gli άριστοι, come in un’aristocrazia.

                Resta però il problema sollevato da Platone. Abbiamo dunque un gruppo di uomini che vengono eletti al governo dal popolo, abbiamo dunque un potere ripartito equamente tra il popolo e i governanti. Ora, come si può essere sicuri che il popolo scelga i suoi governanti in modo “giusto”? e come si può essere sicuri che chi governa lo faccia in modo “giusto”? Potrebbe verificarsi quanto afferma Platone, ossia che il potere di governo e la scelta dei governanti siano affidati nelle mani di incompetenti. A questo punto, la domanda è: come si acquista la competenza? quella φρόνησις di cui abbiamo parlato? Probabilmente, nella praticità è impossibile acquistare una tale saggezza politica, la quale senza dubbio non può essere innata, ma che parimenti non può essere trasmessa. Ciò vorrebbe dire essere in grado di costruire uno stato perfetto, una macchina ideale in grado di regolarsi ed esistere in maniera autosufficiente, una società che riesca a stimolare i cittadini e ad accrescerli in saggezza, affinché essi riescano a operare scelte giuste ed eleggere al governo sempre i migliori, uno stato che, allo stesso tempo, riesca a stimolare i governanti in saggezza affinché siano giusti nel governare, una sorta di “stato ideale”, una teoria che già aveva sviluppato Platone, ma con una differenza: Platone pensava scioccamente di poterla realizzare.

 

Ernesto Casella

 

1 Da “Phronesis” in Enciclopedia Treccani, Dizionario filosofico.

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